Qualche tempo fa un paziente mi ha detto “i rifiuti non si dimenticano mai”.
L’ho sentita una pietra tombale, una frase lapidaria, perentoria, irremovibile, che mi ha fatto riflettere. Era una pietra tombale sulla possibilità di cambiare e di lasciar andare quel rifiuto antico, continuando a rimanerci legato con ostinazione e rabbia per tutta la vita.
Forse non è poi così vero che non si dimenticano mai. È più vero che, per tante ragioni, scegliamo di restarci legati, per certi versi siamo “affezionati” agli antichi rifiuti che abbiamo ricevuto. Non vogliamo separarcene e su questi rifiuti costruiamo il nostro carattere, il nostro modo di relazionarci con noi stessi e con il mondo. Una ferita narcisistica? Sì, anche. Non vogliamo dimenticarli perché siamo, con ostinazione e orgoglio, legati a loro. Peccato però, questo atteggiamento ci fa solo male.
Altra considerazione: generalmente siamo portati a pensare che il rifiuto venga dagli altri. Ma non pensiamo mai a quante volte noi per primi ci rifiutiamo! Ogni volta che diciamo “non mi piaccio, vorrei essere diversa/o da quello che sono, il mio corpo non mi piace, ecc.” stiamo rifiutando noi stessi e quello che siamo. Cioè, ci stiamo dicendo di no. Quante volte al giorno lo facciamo?
E ancora: ogni volta che desideriamo essere diversi da ciò che siamo, stiamo facendo a noi stessi quello che ci hanno fatto, stiamo dicendo a noi stessi quello che ci è stato detto. Ci respingiamo così come siamo stati e ci siamo sentiti respinti.
Altro fattore importante: quando diciamo “non mi piaccio, ho un brutto naso, sono troppo “in carne” o qualsiasi altra cosa. Quale “voce” sentiamo che parla dentro di noi? La nostra o quella della persona dalla quale ci siamo sentiti non accettati per ciò che siamo? È la nostra voce o quella di mamma e/o papà o altre persone importanti della nostra vita? Anche quella voce che può sembrare la nostra… beh, non lo è.
Perché, se i nostri genitori – o le persone importanti intorno a noi – ci hanno amato, accettato e accolto per ciò che siamo, e hanno valorizzato davvero la nostra speciale unicità piuttosto che paragonarci continuamente con modelli familiari o sociali, allora siamo in grado di amarci, accettarci e accoglierci. Quando però questo non avviene e siamo stati o ci siamo sentiti rifiutati, non siamo più capaci di accettarci e amarci. Ci critichiamo e giudichiamo continuamente, perché sentiamo profondamente di essere sbagliati, di non andare proprio bene. Quante volte abbiamo pensato “e che cavolo, ma non va mai niente bene di quello che sono o faccio?”
E quindi, invece di osservare noi stessi con i nostri occhi e la nostra capacità di vederci realmente, ci guardiamo e critichiamo con gli occhi di mamma o papà, che ci avevano proiettato addosso aspettative e modelli a cui noi avremmo dovuto tendere o assomigliare. Invece ognuno di noi è un essere speciale, fantastico e unico.
Come se ne esce? Imparando a volerci bene, a vederci per ciò che realmente siamo, nella nostra unicità. Facendo crescere la fiducia in noi stessi, credendo nelle nostre meravigliose uniche caratteristiche e potenzialità. Con amore.