La terapia della Gestalt nasce a New York, negli anni ’40, ad opera di Friedrich (detto Fritz) e Laura Perls che, attraverso un lavoro di sintesi creativa, integrano i fondamenti filosofici dell’esistenzialismo (“La terapia gestaltica è un approccio esistenziale e questo significa che non ci occupiamo soltanto di trattare con i sintomi o con la struttura caratteriale, ma con l’esistenza totale della persona” F. Perls) e della fenomenologia (“L’esistenzialismo cerca di togliere di mezzo i concetti, e di lavorare sul principio di consapevolezza, sulla fenomenologia” F. Perls), alcuni principi teorici della psicoanalisi di Freud e Jung, della vegetoterapia di Reich, della teoria del campo di Lewin e della psicologia della Gestalt, o psicologia della forma (gestalt in tedesco significa forma, figura, schema).

Perls resta affascinato dai risultati degli esperimenti sulla percezione visiva effettuati dagli psicologi della Gestalt, esperimenti nei quali si era verificato che le persone tendono a completare le figure a cui mancano i tratti di delimitazione, attribuendo a queste figure un senso e un significato.

Secondo la psicologia della Gestalt, infatti, gli insiemi percettivi e le rappresentazioni concettuali tendono a presentarsi come unità coerenti, che hanno una struttura e una organizzazione e che sono qualcosa in più della somma delle singole parti; quindi, rappresentano una forma, cioè una Gestalt e definiscono una organizzazione.

L’essere umano, perciò, possiede una tendenza innata che lo porta a organizzare elementi semplici, simili e vicini in forme regolari, chiuse e dotate di senso. Questo significa che l’uomo, per sua natura, ha necessità di chiudere, completare e portare a compimento tutte le forme, tutte le Gestalt, tutte le esperienze con cui viene in contatto. Infatti, questa tendenza viene applicata agli oggetti, alle relazioni interpersonali, ai fatti, alle persone, alle emozioni. Ovvero, viene applicata nella lettura di tutto il mondo della persona, quello interno e quello esterno.

Partendo da queste considerazioni, Perls ha l’intuizione di applicarle all’evoluzione dell’individuo comprendendo anche che, dato il bisogno dell’uomo di concludere le esperienze, una Gestalt che resta aperta, che non si conclude, che non trova una sua completezza, tenderà a ripresentarsi nel corso della vita dell’individuo e renderà meno efficace l’interazione dell’individuo con se stesso e con il suo ambiente. Inoltre, poiché la Gestalt incompleta reclama di essere chiusa, attira costantemente su di sé l’attenzione e le energie dell’individuo, le quali non sono quindi disponibili per altre esperienze.

Applicando alla terapia questi concetti, Perls comprende che il lavoro terapeutico per essere efficace e per favorire la maturazione della persona, deve essere fondato sull’osservazione dei comportamenti espressi dall’individuo nel “qui e ora”.

Portando questi comportamenti all’attenzione consapevole della persona, essa può riappropriarsi di tutte le parti di sé, integrarle ampliando il senso di sé e ridurre i conflitti interiori. (“[…] il nostro scopo è quello di fare di ognuno di noi una persona sana, il che significa una persona integrata, senza conflitti,[…]” F. Perls)